Il Serit

Heves

Heves è una cittadina di più o meno 12000 abitanti, a circa 100 km da Budapest, a sud dei monti Matra. Contava, secoli e secoli fa (risaliamo quasi agli Unni di attilesca memoria), poche casupole, o meglio capanne, infittitesi ben presto (si fa’ per dire) nel Medioevo, perché si ritrovò all’incontro di importanti vie commerciali. E’ famosa oggi per i suoi pomodori, ma ancor più per le succose angurie. Si adagia all’inizio della sconfinata pianura che dilaga dal Danubio fino alle prime lontane regioni asiatiche. Come tutte le località magiare di rispetto, ha le sue fonti termali. L’acqua vi sgorga dal sottosuolo ricca di iodio e di molte altre sostanze terapeutiche a 47°. Nella putza circostante vi abbondano ancor oggi pernici, lepri e marmotte. Le gru, insieme agli hevesiani, vi sono di casa.

Woyna

Da lì spuntarono forse i primi Woyna, che ritroviamo alla fine del XVI sec. al servizio del re di Polonia, nobilitati per ardimenti guerreschi. Consolidarono ben presto la nobiltà con sostanziosi appezzamenti di terra polacca. Al principiare del secolo XIX si ritrovò nella coocapitale Milano uno di questi, Maurizio generale nell’Imperiale Regio Esercito dell’Imperatore d’Austria, da pochi anni non più né Sacro né Romano, ma in compenso (ed a danno della defunta Serenissima Repubblica di San Marco) Re di Lombardia e Venezie. Saltiamo i suoi trascorsi. Per esser brevi, giungiamo al punto che ci interessa. Il conte Maurizio Woyna maritò la sua unica figlia a tal Costanzo di Bergamo.

Conti Piazzoni

Apparteneva quest’ultimo alla casata dei Piazzoni. L’Imperatore Giuseppe li fece nobili per benemerenze commerciali filandiere. Li nobilitò col titolo di conti con il predicato “di Castel Cerreto”. E’ dunque la nobildonna Emilia Woyna maritata Costanzo Maria Piazzoni, per grazia imperiale, conte di Castel Cerreto, a collegare Heves al “Serit”, come è più comunemente conosciuto in quel di Treviglio e dintorni.

“Serit”

La Frazioncina cerretana, fin dal toponimo, denuncia il suo appartarsi, un tempo, in mezzo a boschi, di cui restano ancor oggi piccoli brandelli: “ ‘l buschett”, “ ‘l bosch de la Berluna”, famoso questo, quando ben più esteso, accoglieva qualche residuo lupo, ad inizio Ottocento. Cerreto oggi, fortunatamente, si stende in mezzo a prati verdi con i suoi poco meno di quattrocento abitanti, per la maggior parte nativi del luogo, avviluppati da vincoli stretti di conoscenza o da salde catene parentali o da legami di schietta amicizia o da ostinate inimicizie, come succede ancora solo nei pochi piccoli paesini della grande pianura padana, non stravolti da massicce e spropositate invasioni edili. Un redivivo Guareschi avrebbe da riempire pagine su vicende, personaggi, amori e rancori cerretani, prima che la grigia periferia urbana sopraggiunga ed annulli il tutto in una metropolitana anonimìa.

Il sito del Cerreto è piccolo misura in tutto mt. 200 x mt. 400 circa, esclusa la Grotta della Madonna, che attorniata dagli ultimi secolari cerri de “ ‘l bosco de prof”, veglia da nord.

Tanta parvità cela, come frequentemente accade in Italia, ben più estesi trascorsi plurisecolari, che vi hanno lasciato tracce ancor leggibili, care ai nativi e gradevoli a cogliersi per chi vi giunge da fuori. Come in succinta forma si è presentata la magiara Heves accenniamo ora un po’ della storia cerretana, che pur fra tante altre ben più grandi vicende dei Secoli, non è affatto disadorna. Gli storici Tullio ed Ildebrando Santagiuliana e, massimamente Don Pietro Perego ne hanno scritto diffusamente nelle loro opere. Anche se ai più può destar meraviglia, nell’agenda “Töc 'i de ga n’è üna”, pubblicata dalla Cassa Rurale ed Artigiana di Treviglio per l’anno 1979, Tullio Santagiuliana asserisce con giusta nota storica che :<<…Prima che Treviglio spuntasse dal suolo della Geradadda, ‘l Serit c’era già. Qualche casa, magari, situata presso un bosco di Cerri, cosa quasi inevitabile dal momento che tutta la zona era fitta di boschi e i boschi di cerri erano fitti…>>.

Il rilievo di Santagiuliana non è affatto peregrino. E’ suffragato da indiscutibili testimonianze. La Carta Archeologica della Lombardia – Tomo II – La Provincia di Bergamo, è un’opera monumentale ed accurata, edita dalla Regione Lombardia per i tipi della Franco Cosimo Panini nel 1992.Citando l’Archeologo Mantovani vi si parla ampiamente dei ritrovamenti tombali al Cerreto: lungo via Canonica “sul confine tra i boschi e la parte coltivata”, “in vicinanza della Cascina Gobba di proprietà Piazzoni”, nel “Campo La Piana” e presso la cascina “Pelisa”. Si tratta di tombe di epoca romana, quando “Trivilium” era ancora di là da venire. Una cappella dedicata ai S.S. Gerolamo e Francesco vi sorse forse fin dal XIV sec. Non è ipotesi tapina supporre che il Santo da Assisi ebbe a ripararsi anche nei boschi “in cerido” durante il suo soggiorno a Treviglio nel viaggio verso la Francia dell’anno 1213.

Il fondo cerretano fu fin dal primo Medioevo (VI sec. d.C.) proprietà della antichissima Chiesa di S. Alessandro di Fara, fondata dal re longobardo Autari.

Al declinare del Quattrocento fu acquistato dai nobili Rozzone, i quali eressero il torrione che oggi funge da campanile(sec.XVI). Uno di questi, Bartolomeo, cancelliere ducale, vincolò con disposizione testamentaria il clero a celebrare liturgie per il suffragio della sua anima nella chiesetta “in ceridum”. Era giusto il 26 novembre 1539.

I marchesi Menafoglio edificarono al Serit l’attuale chiesa, armonicamente inglobata nella corte padronale che della precedente, asimmetrica rispetto alla corte e pertanto abbattuta, riassunse la dedica ai S.S. Francesco e Gerolamo. La tenuta venne successivamente acquistata nel 1813 dai Piazzoni che la unirono al casale delle Battaglie.

Contessa Emilia Woyna Piazzoni

Ritorniamo alla Contessa Emilia Woyna. Premortole il marito in giovanissima età a soli 24 anni nel 1858, pure l’ unico figlio Emilio Costanzo la lasciava nel 1886 a ventotto anni. Ultima sopravvivente della famiglia Piazzoni, la Nobildonna fino alla morte, giunta il 7 marzo 1900, condusse una vita intessuta di altruismo. Verso tutti in vita fu benefica: aveva anche cresciuto, educato ed, a tempo debito, convenientemente maritato una orfana, dotandola riccamente: i soliti malevoli parlarono di una figlia naturale del marito. Morendo condonava ogni debito dei suoi terrazzani del Cerreto. Lasciava al loro servizio la Cappellania, con cura d’anime, istituita con rogito testamentario nel 1887 e l’Asilo d’Infanzia dedicato al figlio ed al marito.

“I Probi contadini”

Dalla Contessa il podere cerretano veniva lasciato in eredità all’Orfanotrofio di Bergamo. Il 31 ottobre 1901 don Ambrogio Portaluppi con i contadini del Cerreto e Battaglie dava vita alla Società dei Probi Contadini di Castel Cerreto e Battaglie. Con don Portaluppi ed altri due sacerdoti firmavano a nome dei 113 capofamiglia del Cerreto e Battaglie i consiglieri Giovanni Riganti e Genesio Galbiati.

Da tutta Italia ed anche da vari paesi d’Europa e del mondo si giungeva al Cerreto per visitare e studiare l’opera della Società. Citiamo ad esempio dalla Francia una delegazione del Ministero per l’Agricoltura guidata dal Conte De Saint Cyr, seguita nel tempo dal Rettore e Docenti dell’Università di Grenoble e poi dai dirigenti dell’Unione sindacale di Lione. Dalla Spagna venne una rappresentanza dell’Università di Salamanca, presieduta dal Prof. Moran. Il Governo argentino inviava un gruppo di studio guidato dall’ing. Thornos. La Dieta russa mandava una Commissione di parlamentari, capitanati dal Sen. Principe Wladimir Sabler di Pietroburgo. Etc.

L’esperimento cerretano suscitò persino l’interesse di Leone Tolstoy che ebbe a trattare il problema delle cooperative agricole nel suo romanzo “Anna Karenina”.

Ottemperando alle volontà testamentarie della contessa Emilia l’Orfanotrofio di Bergamo chiamò al Cerreto i Padri della Congregazione di San Giuseppe. Seguendo i dettami del loro fondatore, il milanese nob. Paolo Motta, che li voleva dediti all’inculturamento gratuito dei giovani, questi vi gestirono un convitto professionale, istruendovi i giovani orfani della Bergamasca con propensioni all’agricoltura. Più volte fu ospite allora dei R.R. Padri il semplice Prof. don Angelo Roncalli, futuro Giovanni XXIII. A cavallo delle due Guerre Mondiali la Frazione conobbe le fulgide figure di don Giuseppe Boffi e Suor Chiara Spreafico: santità ed operosità al servizio dei Cerretani.

I giorni nostri

Il 14 maggio 1953 don Umberto Crugnola posava la prima pietra, benedetta da mons. Cereda, dell’Oratorio. Don Abele Trezzi, pio e povero cappellano con enfasi così scriveva, arditamente equiparando il Cerreto a Betlemme: “ E tu, Cerreto, non sei la più piccola tra le terre di Giuda, perché da te è stato tratto… il sindaco di Treviglio…”: era il 1966, ed il sindaco in questione era Ermanno Riganti. Sorvolando su tante altre vicende giungiamo ai giorni nostri. Nell’ aprile del 2004 il Consiglio Comunale di Treviglio approva il Piano di recupero del centro storico di Castel Cerreto. Nel Piano territoriale di coordinamento della Provincia di Bergamo il territorio Cerretano è riconosciuto quale zone di pregio agricolo e naturalistico: si prospetta giustamente un Parco di interesse sovracomunale.

Enzo e Riccardo Riganti, giugno 2005.

1_Lettera_aperta_dei_Cerretani_giugno_2005.pdf

2_lettera_aperta_dei_Cerretani_giugno_2005.pdf